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SERE COSÌ

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Ci sono sere in cui prima di dormire leggi qualche pagina di “Mangia, prega, ama” (un po’ in ritardo, lo so, rispetto a quando è stato di moda), spegni la luce e dici “Adesso dormo” che sei anche più stanca del solito e di dormire non vedi l’ora già da un po’.
E poi non dormi. E non sai bene perchè. Perchè  troppi pensieri, che nulla hanno a che vedere l’uno con l’altro, affollano disordinatamente lo spazio tra te e l’oblio.
E pensi che oggi, dopo mesi, hai finalmente rivisto cari amici e per ritagliarti quelle poche ore hai dovuto caricare figlio e nonna, farti un po’ di chilometri in autostrada, anche se non ti piace proprio. E c’è stata pure la pioggia a tentare di guastare la festa e un vento artico non appena il sole giocava a nascondino con le nuvole. Che altro che mezze stagioni scomparse, qui son proprio le stagioni a non esistere più. Ma pazienza, perché quel che ti rimane tra le righe del pensiero è che riparti da lì senza sapere quando potrete rivedervi di nuovo.
E torni al tuo mare, con il Patato un po’ isterico per aver di fatto saltato il sonnellino del pompeggio, e in spiaggia scopri che qualcuno ha aperto il sacco dei giochi e portato via la sua ruspa (la ruspa!!!!!!) e il camion grande. Quelli rossi, gialli e blu. E dopo essere rimasta basita per qualche minuto ti auguri almeno che li abbia presi qualcuno che non poteva permettersi di comprarli ai propri figli, anche se costano solo due spiccioli. Qualcuno che possa così far felice qualcun altro e, pazienza, noi vedremo di sostituire la ruspa preferita con un’altra, cercando contemporaneamente di non creare un piccolo consumista distruttore. Ma interviene la nonna, e dio non voglia far incavolare le nonne, che si mette a setacciare tutta la spiaggia, fino a che trova la ruspa e il camion abbandonati vicino ad un ombrellone vuoto. E se li riprende con furore, riportandoli al legittimo proprietario. E tu ti domandi “Perché?”
E finisci il pomeriggio facendo due chiacchiere con qualcuno in riva al mare e, quando non si parla di bambini, si parla per forza di lavoro, troppo o troppo poco che sia, della conciliazione che manca, del futuro incerto, di cosa potrà essere domani. 
E torni a casa, finalmente senti il marito, desaparecido da ventiquattr’ore per improrogabili impegni professionali. Stanco e solo in un una casa troppo grande, con fuori la pioggia e il vento. E gli immancabili 15 gradi. E l’idea di pensarlo là, per i prossimi due giorni, solo e stanco nel freddo nord, mette parecchio freddo pure a te. E sarà anche perché devi chiudere le finestre, infilarti ben bene sotto le coperte e quasi desiderare la borsa dell’acqua calda, che mica saremo a fine giugno, no? È solo aprile, la primavera e l’estate devono ancora arrivare e stiamo tutti vivendo un’allucinazione collettiva, credendo ormai di essere a luglio.


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