Ho incontrato Luisa lo scorso mese di marzo, in occasione di una visita esplorativa alla scuola italiana di Zurigo, una conoscenza comune le aveva annunciato il nostro prossimo arrivo, come futuri vicini di casa italiani.
Avrò avuto, credo, una decina di occasioni di incontro con lei, non tante di più, dal momento del nostro trasloco all’inizio dell’estate zurighese. Non abbiamo avuto abbastanza tempo per diventare amiche.
Ciò nonostante è stata la persona che, nelle prime durissime settimane di vita svizzera, ho sentito più vicina e non solo perché fisicamente abitavamo a pochi metri di distanza.
È stata quella che mi ha prestato l’aerosol in un momento di disperazione, col Patato in apnea e il nostro apparecchio rotto, quella che mi ha fatto conoscere il macellaio dove il pollo costa un po’ meno di 35 franchi al chilo, che mi ha scaricata col figlio al seguito davanti al parco degli asinelli, dopo averci raccolti un po’ sperduti di fronte alla porta di casa in una delle tante gelide mattine da riempire.
È stata quella intervenuta in emergenza col marito dolorante un venerdì sera alle otto, quando lui, per la prima volta nella vita, urlava che stava male e voleva andare all’ospedale. Che Luisa è medico, anche se qui non lavorava per impedimenti linguistici e necessità di gestione familiare.
È quella che mi diceva ogni volta che la sentivo “Non farti problemi, se hai bisogno di qualcosa o vuoi fare due chiacchiere, suona e sali“.
Cosa che, incredibile per me, ho anche fatto davvero.
Luisa è tornata in Italia, rientrata in quella città dove so che mai avrebbe voluto.
A me dispiace infinitamente, soprattutto per lei, che con orgoglio diceva di aver investito tre anni in corsi intensivi per imparare decentemente il tedesco, che raccontava con gli occhi brillanti le meraviglie di una città a misura di famiglia dove era riuscita a sentirsi a casa, dei due bambini cresciuti “un po’ svizzeri”, sempre fuori in mezzo alla natura. Che stava cercando un modo per continuare la sua vita professionale anche qui e che non riusciva neppure a parlare della prospettiva di abbandonare Zurigo.
Sono riuscita a regalarle un fiore, prima che partissimo per il mare a giugno, non per sdebitarmi di qualcosa che non sarebbe stato quantificabile, ma perché ero stata infinitamente felice di incontrarla. E perché so che sarebbe potuta diventare mia amica.
↧
LUISA
↧